salute

Si aggravano le condizioni di salute di don Gallo

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

“Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna” In cammino”. Sono le ultime parole di don Andrea Gallo, postate su Twitter ieri, poche ore prima che le sue condizioni di salute si aggravassero, come hanno avvertito, sempre attraverso un social network (Facebook, questa volta) i volontari della sua Comunità di San Benedetto al Porto che in tarda mattinata hanno scritto: “Don Gallo sta male: è monitorato ora per ora, attraverso un'assistenza medica domiciliare nella sua Comunità. Il prete da sempre al fianco dei più deboli, degli emarginati e degli ultimi ha bisogno di tranquillità” ufficializzando il passaparola che stava ormai circolando per Genova.

Due settimane dopo le dimissioni dal Galliera, dopo una breve degenza, dunque, il “prete da marciapiede” sta combattendo l’ennesima, dura, battaglia. Nato il 18 luglio 1928, a Genova da Maria Tomasina Oliveri, di Campo Ligure (morta nel 1999, a 94 anni) e da Bernardo Gallo, piemontese del Canavesano, ferroviere, giunto nell'entroterra ligure per costruire la ferrovia, don Gallo è conosciuto per essere stato, da sempre, il prete degli ultimi: “Ma mai un “prete contro”ha sempre amato ripetere, preferendo per sé la definizione di Fabrizio De Andrè, e cioè “in direzione ostinata e contraria”.

“Con i miei arcivescovi, e ne ho avuti cinque, non ci sono mai stati contrasti veri ma solo divergenze di vedute”. Neppure con il primo, Giuseppe Siri che pure, nel 1970, lo sollevò dall'incarico di viceparroco al Carmine per trasferirlo a San Benedetto al Porto per le sue omelie giudicate “troppo vivaci” alla vigilia del referendum sul divorzio perché grazie a questa nuova sede trovò il terreno su cui costruire la sua Comunità, nata nel giugno 1975 ma diventata ufficiale nel 1983 e dunque prossima a celebrare il trentennale.

Una Comunità che per don Gallo, già salesiano e missionario in Brasile e poi una volta lasciata la congregazione di Don Bosco incardinato nella diocesi genovese, è stata sempre la casa degli emarginati, fossero tossici, ex carcerati, malati psichici, alcolizzati, prostitute, trans, ragazze madri, immigrati e clandestini o anche solo persone sole, in cerca di una parola di conforto.(Vatican Insider)

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