Il Cantico di Frate Sole spiegato ai ragazzi

di Silvia Ceccarelli

Quando ho illustrato per la prima volta il Cantico delle Creature a una classe di giovani discenti, l’ho fatto portando con me un pannello di color turchese unitamente ad una manciata di matite e pennarelli colorati, giacché m’era apparso conveniente spiegare San Francesco attraverso parole, simboli ed immagini che potessero essere lasciati impressi sopra un supporto di carta pregiata e ricordati nel tempo. Sono bastati davvero pochi istanti perché il cartello divenisse luogo d’incontro e di confronto: infatti ciascun allievo, a modo suo, s’è avvicinato al Cantico delle Creature in modo singolare, diremmo quasi impressionistico. C’è chi ha cercato spiegazioni sulle particolarità linguistiche del testo, trattandosi appunto di uno dei documenti più interessanti della tradizione letteraria italiana, oltreché una delle forme più espressive del volgare umbro; c’è chi ha poi sollevato domande sulla struttura del cantico, che si modella sullo stile della lauda (che avrà ulteriore diffusione con Jacopone da Todi), cioè di lode a Dio per tutte le bellezze ch’Egli ha creato in natura e oltremodo di ringraziamento per la sofferenza e la morte, dacché anch’esse provengono da Dio alla cui volontà ogni uomo è sottomesso. C’è chi traendo spunto dall’immagine personificata degli elementi naturali ha affrontato la questione ecologica racchiusa in nuce nel testo francescano, che impone a tutti gli uomini un attento riesame del proprio stile di vita e, nel contempo, una riflessione su quello ch’è il destino della nostra Terra – troppo spesso sfruttata e martoriata dalle attività esecrabili e criminali dell’uomo. C’è chi infine ha voluto ricordare i nomi di alcuni cantanti odierni che hanno saputo riadattare sapientemente il testo del Cantico a opere musicali d’intenso valore artistico: si pensi all’opera francescana tradotta in musica da Angelo Branduardi. Voglia il cielo che fonte d’ispirazione sia stato proprio il manoscritto del Cantico delle Creature, custodito preziosamente nella città di Assisi e caratterizzato da un apposito spazio bianco riservato alla trascrizione in neumi (vale a dire, le note musicali utilizzate nel Medioevo) della melodia che faceva probabilmente da accompagnamento al testo ch’è stato lasciato senza alcuna compilazione. Disposti a cerchio, a mo’ di girotondo attorno ai banchi, ciascun alunno ha contribuito, sulla base dei ricchi materiali prescelti, a tracciare il profilo di un santo il cui amore verso Dio e la Natura – espresso in un sistema linguistico e musicale diverso da quello formalizzato dalla Chiesa cattolica – s’è fatto modello di lirica religiosa in lingua volgare. Se solo s’intendesse restituire all’insegnamento il giusto valore, qualsiasi campo dello scibile umano ne acquisterebbe, perché non c’è conoscenza senza amore né crescita senza condivisione. Chi insegna lo sa. Nonostante gli ostacoli che s’interpongono quotidianamente, nonostante le condizioni difficili in cui s’è costretti ad operare. Ma il desiderio di conoscenza, il rinnovato impegno per l’inizio di una nuova pagina di vita scritta (e vissuta), la gratitudine che alla fine ritorna attraverso i sorrisi dei tuoi ragazzi. Tutto questo non ha prezzo.