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Giornata Mondiale dei diritti dei bambini: dalla parte delle vittime

Don Gottfried Ugolini web
Pubblicato il 20-11-2022

Responsabile del Servizio di tutela per i minori

PROTEGGERE I MINORI
Sebbene la Chiesa abbia iniziato a contrastare con strumenti specifici la piaga degli abusi e sia tra le prime organizzazioni internazionali ad agire con programmi di prevenzione, c’è ancora molto da fare. Gradualmente partendo da papa Giovanni Paolo II, poi in modo più chiaro papa Benedetto XVI e con impegno fermo papa Francesco, la Chiesa sta cambiando il suo atteggiamento nonostante tutte le resistenze interne. L’incontro sulla protezione dei minori nella Chiesa nel febbraio del 2019 ha messo in evidenza dei criteri chiave per avviare un processo di prevenzione: responsabilità, rendere conto e trasparenza. Nello stesso anno, la Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato le nuove Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili.

In seguito, sono stati istituiti i Servizi diocesani, regionali e il Servizio nazionale per la tutela dei minori che hanno il compito di promuovere iniziative e programmi per la prevenzione di abusi sessuali e ogni altra forma di violenza nelle diverse realtà ecclesiali. A sostegno sono stati pubblicati tre sussidi: Le ferite dell’abuso, Buoni prassi di prevenzione e tutela dei minori in parrocchia e La formazione iniziale in tempo di abuso. In molte diocesi sono state promosse iniziative di informazione, programmi di formazione per le diverse realtà ecclesiali e convegni sul tema degli abusi.

Per offrire alle persone vittime e sopravvissute agli abusi la possibilità di parlarne e segnalarli sono stati stabiliti Centri di ascolto dove trovano accoglienza, ricevono le informazioni circa le norme canoniche e le leggi civili e, in più, sostegno psicologico, medico e legale. Sono primi passi, ma importanti per sensibilizzare, per indebolire le resistenze e per aumentare il senso di responsabilità per il benessere e un ambiente sicuro per i minori e altrettanto per le persone vulnerabili.

DALLE LETTURE RIDUTTIVE AD UN APPROCCIO SISTEMICO
In passato la Chiesa aveva assunto un atteggiamento autoprotettivo e difensivo di fronte alle rivelazioni di abusi considerandoli casi isolati dovuti a debolezze psicologiche e morali. Ora è passata a mettere al centro le persone abusate e sopravvissute agli abusi di ogni tipo perpetrati. È aumentata la consapevolezza che l’abuso non avviene soltanto tra due persone, ma richiede un ambiente che lo permette, lo facilita, lo copre, lo maschera, lo minimizza e lo fa cadere nell’oblio. Questa piaga non si può affrontare senza prendere atto della dimensione sistemica. L’approccio sistemico insieme a quello individuale, sta alla base di ogni riforma e conversione radicale richiesta da papa Francesco da tutta la Chiesa.

IL CORAGGIO DELLA VERITA’
“La verità vi rende liberi”: è questo il principio da applicare quando arrivano delle accuse da parte dei mass media perché possono essere delle sane scosse per riorientarci e radicarci nella prospettiva del vangelo e della missione della Chiesa con umiltà, coraggio, responsabilità, rendendo conto e agendo con trasparenza. Può essere letto anche come un segno profetico che ricorda ai responsabili ecclesiali i valori proclamati, gli elementi della dottrina sociale e il loro dovere di garantire il bene delle persone e il bene comune. Sembra che la Chiesa faccia fatica a confrontarsi con la realtà degli abusi di ogni tipo perpetrati all’interno di essa e ad incontrare le persone abusate e sopravvissute offrendo loro accoglienza, ascolto e tutta l’assistenza di cui a bisogno, inclusi la giustizia e il riconoscimento delle conseguenze che hanno marcato e segnano ancora la loro esistenza, mentre alcuni non ce l’hanno fatta, ricorrendo al suicidio.

Sarebbe importante creare insieme ai media un’atmosfera di fiducia, di accoglienza e di protezione affinché le persone vittime e sopravvissute agli abusi possano sentirsi sicuri senza essere nuovamente vittime e re-traumatizzate. Ogni rischio di stigmatizzazione dev’essere evitato.

Mi auguro che le associazioni delle vittime possano sentirsi accettati e riconosciuti come partner equivalenti ed esperti nel promuovere un miglioramento nel gestire l’intervento e le fasi dall’accoglienza fino al termine del processo canonico e civile e nel contribuire a qualificare l’impegno per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e i programmi di prevenzione.

ASCOLTARE PER CAPIRE
È necessario vedere nelle persone vittime e nei sopravvissuti agli abusi di ogni genere nostre sorelle e nostri fratelli. È segno di rispetto, evitare ogni etichettatura e ogni forma di stigmatizzazione. In fondo è richiesto un ascolto attento e compassionevole che rispetta le reazioni emotive spontanee e a volte molto intense, e i ritmi della narrazione del vissuto senza interventi direttivi o moralistici. Una presenza stabile, contenuta ed empatica permette alle persone la libertà di esprimersi raccontando a volte anche particolari, che sono al limite del sopportabile, consapevole che loro l’hanno dovuto sopportare.

Li permette anche di riappropriarsi la loro dignità e la loro autonomia. Dalle persone vittime di abuso impariamo a sapere quali erano le condizioni e le modalità che hanno portato all’abuso, come ha reagito l’ambiento o altre persone presenti negli intorni, e di che cosa avrebbero avuto bisogno per essere protetti o per poter uscire dalla trappola in cui l’abusatori li ha abilmente manipolata. L’ascolto delle vittime ci fa capire la gravità delle ferite fisiche, psichiche, morali, spirituali ed esistenziali che perdurano tutta la vita. La ferita può guarire, ma rimane sempre una cicatrice. “Le ferite non vanno in prescrizione.”

UN PROBLEMA CHE RIGUARDA TUTTI
La piaga dell’abuso in tutte le sue forme è un problema sociale che esiste sin dall’inizio dell’umanità. Aggrava la situazione quando questo viene perpetrato da persone che hanno un ministero o un incarico ecclesiale, perché si aggiungono ferite in riferimento alla fede, alla relazione con Dio, alla comunità alla quale la persona vittima appartiene. Non è soltanto una sfida per chi guida la Chiesa ma anche per tutti i battezzati. È necessario un cambiamento radicale di mentalità e delle norme sociali e culturali, morali ed etiche affinché ogni forma di abuso e di violenza venga identificata e affrontata.

Per questo ci vuole l’impegno attivo e solidale di tutti per promuovere una cultura della responsabilità e dell’attenzione per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, una cultura del coraggio civile ed evangelico contro ogni forma di abuso e di violenza e una cultura della presenza, dell’accoglienza e dell’ascolto per provvedere i necessari supporti a tutte le persone coinvolte, per rendere giustizia e per avviare una conversione e un cambiamento radicale orientato ai diritti umani e quelli del bambino e ai valori religiosi.

Per rompere il tabù degli abusi è necessario parlarne, anche pubblicamente. La politica ha il dovere di affrontare questa piaga e di promuovere un dibattito culturale, rivedendo le norme sociali e culturali e altrettanto quelle legislative, sia per la prevenzione che l’intervento. Un compito tuttora aperto è l’integrazione sociale monitorata delle persone che hanno abusato con un altro rischio di recidiva.

Infine, ci vuole un’etica professionale in tutti gli ambiti che significa vivere e realizzare i propri ruoli in modo autentico, comprensibile, verificabile, onesto e responsabile, rendendo conto del mio lavoro e contribuendo alla trasparenza verso l’interno e verso l’esterno. Fa parte dell’etica professionale il riconoscimento delle mie competenze e dei miei limiti insieme ai confini connessi con il mio ruolo.

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