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Zanotelli: Leggo il Vangelo con gli occhi dei poveri

Francesco Bastianini Ansa - MATTEO BAZZI
Pubblicato il 12-11-2022

La crisi ecologica sta incidendo

Padre Alex Zanotelli è da sempre una voce dalla parte dei poveri, che cerca di convertire il modo di vivere della “tribù bianca” pensando a chi ha meno, a chi è vittima dello stile di vita occidentale. Essere stato missionario a Korogocho, una delle baraccopoli di Nairobi, capitale del Kenya, è stata per padre Zanotelli la chiave di volta del proprio agire. Vive nel rione Sanità di Napoli. In un contesto diverso, come a Korogocho, aiutare la gente a rialzarsi, a riacquistare fiducia.

Più volte il Papa ci ha ricordato che il grido dei poveri coincide col grido della Terra e non vanno trascurati le donne e gli uomini che soffrono. Da dove viene questa sovrapposizione?
Bergoglio non fa altro che ribadire un concetto fondamentale: la crisi ecologica sta incidendo sempre più sugli impoveriti del mondo. Sono i Paesi del sud del mondo che stanno soffrendo le tragiche situazioni prodotte dalla crisi ecologica e questo contribuisce a renderli ancora più poveri. Lottare contro il cambiamento climatico significa veramente ascoltare il grido dei poveri. Il nord del mondo aveva promesso di mettere a disposizione almeno cento miliardi per sostenere la parte meridionale, ma in realtà ha dato pochissimo. Ci stiamo beffando dei poveri!

Alex, sulla base delle tue esperienze, cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? Stiamo andando incontro ad una crisi economica che porterà ad un aumento della povertà.
I miliardari resteranno tali, ma la gente “normale” si impoverirà maggiormente. Il problema sta in un sistema economico-finanziario perverso, perché permette a pochi di avere tutto in barba a buona parte di questo mondo. Non è vero che i paesi del nord non hanno soldi, ma li spendono in armi. Lo scorso anno sono stati spesi, a livello mondiale, duemila e cento miliardi di euro per gli armamenti; l’Italia ha speso trentadue miliardi di euro. Questa è la follia di un sistema profondamente malato che papa Francesco affronta con forza nella Evangelii Gaudium con una durissima affermazione: «Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. [...] Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di un'economia senza volto e senza uno scopo veramente umano». Si tratta di parole molto chiare, i soldi ci sono ma vanno a finire sempre nelle mani di chi ha.

Possiamo parlare di fallimento di quella globalizzazione che almeno venti anni fa in molti definivano “miracolosa”?
Ma certo! Siamo al fallimento completo. La globalizzazione non ha fatto altro che accrescere gli impoveriti perché ha aumentato il divario tra ricchi e poveri, dando sempre più ai ricchi e togliendo sempre più ai poveri. Se non comprendiamo che questo è dovuto ad un sistema economico-finanziario militarizzato che papa Francesco chiama “dittatura economica”, non comprendiamo nemmeno che il cambiamento deve essere globale e deve coinvolgere ciò che regge questo sistema: il neoliberismo e il capitalismo, di cui le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non è facile, siamo cresciuti come occidentali convinti che la ricchezza serva ad accumulare ulteriore ricchezza. Dobbiamo uscirne fuori e in merito a ciò il Vangelo è di una chiarezza straordinaria. Enrico Chiavacci, teologo moralista e perito al Concilio Vaticano II, riassume il Vangelo con due comandamenti: “cerca di non arricchirti” e “se hai, hai per condividere”. Questa è la logica cristiana ma anche noi cristiani d’occidente siamo impantanati in questo sistema.

«Guardare il mondo con gli occhi dei più poveri». È stata la prima indicazione che Bergoglio ha voluto dare ai giovani intervenuti ad Assisi per The Economy of Francesco (settembre 2022). Noi che viviamo con tutti i nostri agi, come possiamo riuscirci?
L'esperienza che ho avuto a Korogocho mi ha trasformato. L’ho chiamata inizialmente “la mia discesa agli inferi” ma poi è diventata “il mio battesimo”, che poi è quello che ho chiesto agli abitanti di Korogocho. Mi sentivo un piccolo borghese, come cristiani leggiamo la Bibbia da piccolo borghesi, ma i poveri mi hanno aiutato a rovesciare il punto di vista e a cominciare a leggere la realtà per ciò che è: un sistema economico-finanziario militarizzato che adesso sta pesando anche sul pianeta Terra, che a sua volta non ci sopporta più. Devo a loro anche la mia lettura del Vangelo, mi hanno insegnato a leggerlo con altri occhi: quelli dei poveri. Sono molto grato a tutti loro. Prima di ripartire mi hanno fatto un loro specifico rito di benedizione, con l’auspicio di riuscire a “convertire” la “tribù bianca” a cui appartengo. Ma questa tribù bianca non si converte.

Ognuno di noi, nel suo piccolo, cosa può fare?
Dobbiamo iniziare a rivedere il nostro stile di vita e questo farebbe piacere tanto ai poveri quanto al mondo, viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Gli scienziati ci dicono che se tutti vivessero secondo gli standard della “tribù bianca”, servirebbero almeno due o tre pianeti in più. Questa è anche la richiesta di papa Francesco nella Laudato si’: sobrietà e essenzialità. Ci sono poi delle azioni molto efficaci che possiamo fare tutti: i boicottaggi. Per esempio? Dobbiamo essere più consapevoli degli abiti che indossiamo. Evitiamo di comprare marche che sappiamo sfruttare le lavoratrici e i lavoratori. In America è stato fatto contro una nota marca di abbigliamento sportivo che è stata costretta a pagare adeguatamente gli operai. Abbiamo la forza per fare tutto, ma sono riusciti ad addormentarci.

Cosa abbiamo imparato dai poveri e cosa no?
In occidente non abbiamo imparato niente, altrimenti non avremo un mondo come questo. A causa del nostro benessere abbiamo perso la gioia di vivere in maniera essenziale, il piacere delle relazioni sociali e familiari perché dobbiamo lavorare con frenesia; la comunità non c’è più. Siamo una società di infelici.

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