fede

I barellieri di Dio

Antonio Tarallo pixabay
Pubblicato il 22-07-2022

San Camillo de Lellis e San Francesco

Un cuore che batte; batte forte per gli altri. Questo, lo spirito che animava Camillo de Lellis. Un uomo che lascia tutto per inseguire un sogno: dedicare la propria vita al servizio dei malati, degli infermi. Così, il giovane Camillo, dedito ad una vita frivola e rivolta al gioco d’ azzardo, ha una conversione improvvisa: accade nelle terre pugliesi, ai piedi del Gargano. E accade anche grazie ai Francescani. Dopo un lungo peregrinare, e una profonda crisi interiore Camillo approda a San Giovanni Rotondo, presso il convento dei Frati cappuccini.

Proprio lì, incontra l’uomo che gli cambierà la vita. È padre Angelo, il guardiano del convento dove si è rifugiato dopo aver mendicato — come cane randagio — nel suo viaggio verso Dio. Un viaggio che parte dalla chiesa di San Domenico nel centro di Manfredonia, dove Camillo si era ridotto a chiedere l’elemosina dopo aver perso tutti i suoi averi nel gioco d’azzardo, ed arriva fino all’Ara nella Valle dell’Inferno, a lui dedicata e posta sul luogo dove la tradizione dice sia avvenuta la conversione.

Il percorso tocca anche altri luoghi che hanno giocato un ruolo fondamentale nella vita del Santo abruzzese: il Convento di Santa Maria dell’Umiltà a Manfredonia, dove fu accolto dai frati francescani, e la cella numero 5 del Convento dei cappuccini di San Giovanni Rotondo, dove dormì la notte prima della sua conversione, e che nel corso del Novecento ospiterà per molti anni San Pio da Pietralcina. “Padre Pio – racconta il guardiano Fra Carlo Maria Laborde – diceva spesso: Camillo ha dormito una notte in questa cella ed è diventato Santo, mentre io sono tanti anni che sono qui e sono sempre un peccatore”.

Al suo ritorno a Roma nella terra degli “intoccabili afflitti dalle piaghe ” inizia la sua missione. Si improvvisa, infermiere; s’improvvisa - per ispirazione divina - potremmo dire oggi barelliere. Si impegna a trasportare i malati da un ospedale all’ altro. La sua attività di barelliere inizia in un'occasione particolare durante l’ inondazione del Tevere avvenuta nel 1598. La scena, è così espressa - in maniera superlativa - da una tela eseguita da Pierre Subleyras commissionata da papa Benedetto XIV, per la canonizzazione di San Camillo; opera pittorica che si trova al Museo di Roma: raffigura il santo che si prodiga per mettere in salvo gli ammalati dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia durante l’inondazione del Tevere nella notte del 23 dicembre 1598.

Un altro barelliere d’eccezione fu sicuramente qualche secolo prima di Camillo de Lellis, Francesco d’ Assisi. Anche Francesco, convertitosi come Camillo, si immerge totalmente nella sofferenza, tocca con mano le piaghe dei lebbrosi. La chiesetta romanica di Santa Maria Maddalena - in origine probabilmente denominata di San Lazzaro - si trova a circa un chilometro di distanza dal santuario del Sacro Tugurio di Rivotorto, lungo la strada che conduce a Santa Maria degli Angeli. Questo luogo, la chiesetta romanica di Maria Maddalena, è considerato il luogo destinato ad Assisi, al tempo di San Francesco, come ospedale principale dei lebbrosi. San Francesco, da quel famoso episodio decise per i suoi “discepoli” che si dedicassero a questo servizio, con umiltà e amore: l’incontro con questi “appestati” era l’incontro con Cristo.

Due cuori - quelli di Camillo e Francesco - che battono; battono per i poveri, gli ultimi; i bisognosi nel corpo e nello spirito. Su loro si stende la mano di Dio, e li sorregge. Sono le mani di Francesco e di Camillo, barellieri di Dio.

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