francescanesimo

San Francesco e la medicina dell’amore

Antonio Tarallo
Pubblicato il 10-02-2023

Essere prossimo a chi è nella sofferenza

«Abbi cura di lui» (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore. Gesù la rilancia anche ad ognuno di noi, e alla fine ci esorta: «Va’ e anche tu fa’ così». Come ho sottolineato in “Fratelli tutti”, «la parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune». Infatti, «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile».

Sono parole del Santo Padre Francesco nel messaggio per la XXXI giornata mondiale del malato. Il titolo del messaggio è più che esplicito: “Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”. L’essere prossimo a chi è nella sofferenza, l’essere prossimo a chi si trova nella fragilità del corpo e sperimenta nel dolore la condizione della precarietà della vita: temi che ci riconducono all’esperienza di amore e di solidarietà verso il prossimo che San Francesco d’Assisi ha vissuto - o meglio ha incarnato - nella sua missione. In fondo, è necessario ricordare che proprio l’incontro con gli ammalati è stato per il Padre Serafico l’inizio di tutto; l’inizio della sua conversione e della consequenziale scelta di lasciare tutto per abbracciare Cristo, un Cristo soprattutto sofferente.

Tommaso da Celano pone il servizio ai lebbrosi come primo atto successivo alla conversione di Francesco e dei suoi primi compagni e ricorda contemporaneamente come lo stesso Francesco nel suo Testamento facesse chiaro riferimento a questo importante-cardine episodio della sua vita. Scrive, infatti, San Francesco: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo”.

L’incontro con il lebbroso è l’incontro con il Cristo sofferente sulla Croce. Ed è questo incontro che si tramuta, per San Francesco, nell’incontro con il suo cuore, con il suo ”io” più nascosto che fino a quel momento neanche lui sapeva di avere. Ma c’è anche un altro elemento che va sottolineato: il Poverello non si ferma solo all’incontro, va oltre; scardina l’“uomo vecchio” per fare spazio all’ “uomo nuovo”. Nell’abbracciare il sofferente, Francesco non solo abbraccia la Croce di Cristo, ma l’umanità intera, soprattutto quella che è nella sofferenza. Questo gesto di folle amore, di grande umanità e compassione - compassione, termine fondamentale per potersi interfacciare con gli ammalati - innesca in Francesco quel mutamento interiore che lo conduce dal rifiuto e dalla distanza che provava prima per gli ammalati (in questo caso specifico per i lebbrosi), alla fiducia e all’amore verso il prossimo.

“Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli”, così si legge sempre nel messaggio del Santo Padre. In questa frase sono presenti tre verbi-chiave per rapportarsi con gli ammalati: fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. Se si dovessero sintetizzare in un solo verbo si potrebbe utilizzare il verbo “amare” che è sinonimo di donare.

Francesco d’Assisi ha donato sé stesso al prossimo, vedendo in lui il volto di Cristo. Ed è dall’amore che parte il suo personale rapporto con l’umanità sofferente. Solo dall’amore: una lezione, dunque, quella del santo frate d’Assisi per comprendere cosa vuol dire curare, cosa vuol dire prendersi cura: farsi carico delle fragilità dell’altro e con parole di speranza e di amore risollevare l’animo attraverso la medicina più importante che nessuna scienza ha mai formulato, l’amore.

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