religione

San Tommaso Moro: il santo del buonumore

Antonio Tarallo Hans Holbein
Pubblicato il 22-06-2022

L’allegria dei santi

Scriveva Italo Calvino: “Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Per lo scrittore piemontese, è il vero eroe a volare leggero perché annulla il corpo e così facendo lo sottrae alla precarietà dell’esistenza, cioè alla morte. E, San Tommaso Moro, o meglio Sir Thomas Moore della leggerezza ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia. Ironia inglese? Quello che viene chiamato british humor o altro? E l’altro non può che definirsi “santità”. Buono l’uno, buona l’altra in lui, in una coabitazione armoniosa che ha i tratti dell’armonia musicale del paradiso. L’ironia ha una sua musica e Moore ne è grande compositore.

La sua vita, infatti, è stata una partitura con allegro con brio, seppur si sia mossa attraverso eventi che proprio leggeri non sono stati. L’epopea di San Tommaso Moro passa anche attraverso i francescani di Greenwich, uno snodo fondamentale della sua vita, per via del discernimento che vive: farsi monaco? essere laico? Domande a cui dà risposta grazie a un soggiorno presso la Certosa di Londra. Poi opterà per il matrimonio: la sua prima compagna di vita sarà Jane Colt dalla quale avrà ben quattro figli. Non diventa, dunque, religioso ma - chissà - se quell’esperienza a Greenwich lo porterà a vivere, anni dopo, una scena che tanto ricorda il nostro San Francesco d’Assisi? Si dice, infatti, che tutti gli uccelli di Chelsea - all’epoca sobborgo rurale di Londra - scendevano a sfamarsi nel suo tranquillo giardino. È l'indice della sua fama di uomo sereno e accogliente: un po’ di influenza francescana l’avrà pur assorbita.

Rimasto poi vedovo, si risposa con Alice Middleton. E, intanto, tra studi umanistici e giuridici, riesce ad essere esemplare marito e padre, sempre attento all'educazione intellettuale e religiosa dei figli. Uomo coraggioso - il coraggio è dei santi, si sa - quando si dichiara apertamente contro il divorzio di Enrico VIII, quello che poi segnerà la scissione tra la chiesa inglese e Santa Romana Chiesa. La fede gli vieta di accettare quel divorzio e la supremazia del re nelle cose di fede. Lo pensa, lo dice, lo grida apertamente e così perde il posto e si lascia condannare a morte senza piegarsi.

Moore e la sua leggerezza; Moore e la sua intransigenza. Sembrano non avere nulla in comune questi due tratti così radicati del Sir inglese, eppure hanno una radice comune: vivere con Dio e per Dio. Chi è con il Signore, per naturale inclinazione, sarebbe portato a infondere speranza e pace, allegria anche. Come si suole dire? “Gente allegra, Dio l’aiuta”.

Così è stata la biografia di questo santo del buonumore, citato da Papa Francesco addirittura nella trasmissione del noto conduttore Fabio Fazio, lo scorso febbraio. Lo cita, e “prende in prestito” la sua preghiera:
“Dammi o Signore, una buona digestione/ed anche qualcosa da digerire./Dammi la salute del corpo, col buon umore necessario per mantenerla./ Dammi o Signore, un'anima santa,/che faccia tesoro di quello che è buono e puro,/ affinché non si spaventi del peccato, ma trovi alla Tua presenza la via per rimettere di nuovo le cose a posto./Dammi un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti,/ e non permettere che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama "io"./ Dammi, o Signore, il senso dell'umorismo, concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, /affinché conosca nella vita un po' di gioia e possa farne parte anche ad altri”.

Ai riformatori protestanti inglesi che lo accusarono di mancanza di serietà rispose nella sua Apologia che “un uomo può, alle volte, in mezzo al gioco, dire grandi verità; e per chi è laico, come me, è forse più conveniente esporre il proprio pensiero allegramente che non predicare con solenne serietà”.

È l’allegria dei santi. E in questo periodo ne abbiamo proprio bisogno.

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