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Giornata Mondiale Nonni e Anziani. Bergoglio: "ci hanno tenuti in braccio

ORAZIO LA ROCCA Ansa
Pubblicato il 22-07-2022

Molti considerano la vecchiaia come una malattia: è la cultura dello scarto, come ci dice papa Francesco

Il nonno patrimonio dell'umanità?”.

 

Nessuno, finora, si è spinto a sollevare un interrogativo tanto impegnativo e rivoluzionario fino al punto di spingere le pubbliche istituzioni, magari a partire dall'Onu, ad elevare la figura dei nonni e delle nonne, e degli anziani in generale, a preziosi simboli “ufficiali” di ciascun essere umano, in grado di preservare - sotto l'egida del più grande ed importante consesso mondiale, l'assemblea delle Nazioni Unite - le proprie radici socio-culturali e familiari, e di essere sicuri punti di riferimento per la vita quotidiana e per il futuro. C'è, però, una figura di bianco vestita che fin dal suo avvento alla guida della Chiesa cattolica universale – la sera del 13 Marzo 2013 – sta facendo del nonno uno dei suoi maggiori cavalli di battaglia pastorale con cui sta caratterizzando il Pontificato del terzo millennio di Santa Romana Chiesa, papa Francesco, al secolo George Mario Bergoglio, che – non a caso – in tante occasioni pubbliche e private ha rivelato, saccheggiando dai più antichi ricordi della sua infanzia trascorsa in Argentina in una famiglia di emigranti piemontesi, di essere stato educato negli anni della fanciullezza alla formazione cristiana anche dalle parole e dagli esempi ricevuti dei propri nonni. E forse si deve anche a questi ricordi dei primi passi intrapresi dal futuro Pontefice nei misteri della Fede in Cristo, che lo scorso anno papa Francesco ha proclamato la prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, solennizzata con un messaggio universalmente riconosciuto come la Magna Charta della terza e quarta età e culminata con un raduno rigorosamente contingentato in Vaticano, apparentemente incurante delle paure che ancora gravavano, e gravano tuttora purtroppo, in ogni angolo della terra a causa della pandemia da Covid-19.

 

In realtà, una iniziativa intrapresa dal primo papa sudamericano, cresciuto da gesuita accanto alle fasce più povere delle periferie urbane, per mettere al centro della sua opera evangelica il ruolo sociale e familiare dei nonni, facendone anche un motivo di reazione prudentemente ragionata alla crisi pandemica. La prima Giornata fu celebrata il 25 Luglio 2021, ed il tema scelto da papa Francesco fu “Io sono con te tutti i giorni”, una frase presa dal Vangelo secondo Matteo pronunciata da Gesù ai suoi discepoli al momento del saluto finale. “Questa è la promessa – la spiegazione del Pontefice – che Gesù fa agli apostoli prima dell' ascensione in cielo e che ora fa anche a te, caro nonno, cara nonna...”. Una scelta di grande coraggio con cui Bergoglio dà il via alla prima festa mondiale dei nonni, visti come figure irrinunciabili per la famiglia malgrado il peso degli anni, fino alla fine dei tempi, grazie alla loro continua presenza in mezzo a figli, nipoti e pronipoti con la forza dei ricordi, degli esempi, e dei grandi sacrifici fatti spontaneamente per portare avanti le proprie famiglie.

 

“Presenze”, quelle dei nonni e delle nonni, che non verranno mai meno, pur di fronte all'inesorabile trascorrere del tempo e delle stagioni, in singolare sintonia con la grande “presenza” che Gesù assicura ai discepoli che resterà per sempre in mezzo a loro. Parallelo – la presenza continua di Gesù Cristo e la presenza dei nonni e delle nonne tra i loro cari - indubbiamente impegnativo che papa Francesco rilancia con una nuova robusta “iniezione” di lezione biblica, intitolando la seconda Giornata dei Nonni del 24 Luglio “Nella vecchiaia daranno ancora frutti”, frase tratta di un passo dei Salmi dell'Antico Testamento. Parole - pur provenienti dal Libro dei Libri circa una decina di secoli prima di Cristo – di sorprendente attualità, come lo stesso papa Francesco spiega nel suo messaggio anticipato alla Chiesa e al mondo lo scorso mese di maggio. “Il versetto del salmo 92 Nella vecchiaia daranno ancora frutti è una buona notizia, un vero e proprio Vangelo, che in occasione della seconda Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani possiamo annunciare al mondo. Esso va controcorrente rispetto a ciò che il mondo pensa di questa età della vita; e anche rispetto all’atteggiamento rassegnato di alcuni di noi anziani, che vanno avanti con poca speranza e senza più attendere nulla dal futuro”. “A molti la vecchiaia fa paura. La considerano una sorta di malattia con la quale è meglio evitare ogni tipo di contatto: i vecchi non ci riguardano – pensano – ed è opportuno che stiano il più lontano possibile, magari insieme tra loro, in strutture che se ne prendano cura e ci preservino dal farci carico dei loro affanni. È la “cultura dello scarto”: quella mentalità che, mentre fa sentire diversi dai più deboli ed estranei alla loro fragilità, autorizza a immaginare cammini separati tra “noi” e “loro”. Ma, in realtà, una lunga vita – così insegna la Scrittura – è una benedizione, e i vecchi non sono reietti dai quali prendere le distanze, bensì segni viventi della benevolenza di Dio che elargisce la vita in abbondanza. Benedetta la casa che custodisce un anziano! Benedetta la famiglia che onora i suoi nonni!...”. Esortazione pura, invito ad avere coraggio a camminare insieme agli anziani ed a servirsene, parole a tratti fortemente rivoluzionarie e controcorrente che papa Francesco pronuncia Urbi et Orbi (alla città di Roma e al Mondo) senza nasconde difficoltà, negligenze da parte delle istituzioni, gioie e dolori che investono senza nessuna distinzione ogni uomo ed ogni donna con l'avanzare dell'età.

 

“La vecchiaia, in effetti, - scrive il Pontefice nel suo messaggio per la Giornata del 24 Luglio - è una stagione non facile da comprendere, anche per noi che già la viviamo. Nonostante giunga dopo un lungo cammino, nessuno ci ha preparato ad affrontarla, sembra quasi coglierci di sorpresa. Le società più sviluppate spendono molto per questa età della vita, ma non aiutano a interpretarla: offrono piani di assistenza, ma non progetti di esistenza. Perciò è difficile guardare al futuro e cogliere un orizzonte verso il quale tendere. Da una parte siamo tentati di esorcizzare la vecchiaia nascondendo le rughe e facendo finta di essere sempre giovani, dall’altra sembra che non si possa far altro che vivere in maniera disillusa, rassegnati a non avere più “frutti da portare”. “La fine dell’attività lavorativa e i figli ormai autonomi – continua papa Francesco - fanno venir meno i motivi per i quali abbiamo speso molte delle nostre energie. La consapevolezza che le forze declinano o l’insorgere di una malattia possono mettere in crisi le nostre certezze. Il mondo – con i suoi tempi veloci, rispetto ai quali fatichiamo a tenere il passo – sembra non lasciarci alternative e ci porta a interiorizzare l’idea dello scarto. Così sale al cielo la preghiera del salmo: «Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, / non abbandonarmi quando declinano le mie forze». Tutto, quindi, è destinato a finire con l'accumularsi degli anni, delle fatiche e delle malattie? La risposta del Pontefice non lascia nessun margine di dubbio: “Ma lo stesso salmo – che rintraccia la presenza del Signore nelle diverse stagioni dell’esistenza – ci invita a continuare a sperare: venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, Egli ci darà ancora vita e non lascerà che siamo sopraffatti dal male. Confidando in Lui, troveremo la forza per moltiplicare la lode e scopriremo che diventare vecchi non è solo il deterioramento naturale del corpo o lo scorrere ineluttabile del tempo, ma è il dono di una lunga vita. Invecchiare non è una condanna, ma una benedizione!...”.

 

Può apparire paradossale e forse a tratti incomprensibile che il primo a mettere in pratica queste esortazioni bibliche è proprio Bergoglio in persona, che tra i suoi primissimi interventi fatti dalla sommità della Cattedra di Pietro nelle vesti papali parla con entusiasmo della presenza in Vaticano di Benedetto XVI, il Papa Emerito suo predecessore, definendolo “il nostro saggio nonno che ci sta vicino, ci console e ci aiuta con la sua presenza, la sua esperienza e, soprattutto, con la sua preghiera”. Con buona pace di quanti – sedevacantisti ostili a papa Francesco, nostalgici di un passato che non torna più, anticonciliari di “mestiere” senza conoscere l'essenza del rinnovamento del Concilio Vaticano II – si ostinano a teorizzare inesistenti “lotte” interne al Vaticano tra due Papi (Bergoglio e Ratzinger). Il legame che unisce da sempre Bergoglio e Benedetto XVI è talmente forte ed inossidabile tanto da poter essere paragonato all'unione tra un nonno ed un nipote. Come lo stesso papa Francesco ha detto più volte in pubblico ed in privato. Ecco perchè, sia nel mondo che nella Chiesa, esorta il Pontefice, è sempre bene ricordare che “la vecchiaia non è un tempo inutile in cui farci da parte tirando i remi in barca, ma una stagione in cui portare ancora frutti: c’è una missione nuova che ci attende e ci invita a rivolgere lo sguardo al futuro....”. Senza tuttavia dimenticare le difficoltà del presente. “Il mondo vive un tempo di dura prova, segnato prima dalla tempesta inaspettata e furiosa della pandemia, poi da una guerra che ferisce la pace e lo sviluppo su scala mondiale. Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo. E queste grandi crisi rischiano di renderci insensibili al fatto che ci sono altre “epidemie” e altre forme diffuse di violenza che minacciano la famiglia umana e la nostra casa comune”. “Di fronte a tutto ciò, abbiamo bisogno di un cambiamento profondo, di una conversione, che smilitarizzi i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello. E noi, nonni e anziani, abbiamo una grande responsabilità: insegnare alle donne e gli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti. Abbiamo affinato la nostra umanità nel prenderci cura del prossimo e oggi possiamo essere maestri di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli.

 

La nostra, forse, potrà essere scambiata per debolezza o remissività, ma saranno i miti, non gli aggressivi e i prevaricatori, a ereditare la terra”. “Uno dei frutti che siamo chiamati a portare è quello di custodire il mondo. «Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni, che ci hanno tenuti in braccio»; ma oggi è il tempo di tenere sulle nostre ginocchia – con l’aiuto concreto o anche solo con la preghiera –, insieme ai nostri, quei tanti nipoti impauriti che non abbiamo ancora conosciuto e che magari fuggono dalla guerra o soffrono per essa. Custodiamo nel nostro cuore – come faceva San Giuseppe, padre tenero e premuroso – i piccoli dell’Ucraina, dell’Afghanistan, del Sud Sudan…Molti di noi hanno maturato una saggia e umile consapevolezza, di cui il mondo ha tanto bisogno: non ci si salva da soli, la felicità è un pane che si mangia insieme...care nonne e cari nonni, care anziane e cari anziani, in questo nostro mondo siamo chiamati ad essere artefici della rivoluzione della tenerezza! Facciamolo, imparando a utilizzare sempre di più e sempre meglio lo strumento più prezioso che abbiamo, e che è il più appropriato alla nostra età: quello della preghiera...”. Non meno toccante l'invito-esortazione rivolto alla pubbliche laiche istituzioni italiane che, pur festeggiando anche loro dal 2005 la Festa dei Nonni il 2 Ottobre, il giorno della Festa degli Angeli Custodi, sono paternamente chiamate dal Pontefice ad essere più attente alle istanze degli anziani ed a vedere nei nonni e nelle nonne quel patrimonio dell'umanità di cui si ha tanto bisogno.

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