societa

Purgatorio, luogo dell'impossibile

Franco Nembrini Fr Lawrence Lew OP/Flickr
Pubblicato il 11-05-2020

È la Cantica in cui Dante esprime la possibilità data all'uomo di ricominciare

Delle tre cantiche il Purgatorio è quella che più facilmente possiamo sentire nostra. Perché nostra, quotidiana, è la domanda drammatica da cui tutto il cammino del Purgatorio muove: si può ricominciare? Il male c' è, è innegabile, a volte sembra invincibile, per quanto ci sforziamo, ci ricadiamo sempre; ma davvero è l' ultima parola? Non si può ricominciare? È la differenza emersa, nell' ultimo canto dell' Inferno, fra Giuda e Pietro: inchiodato per sempre al proprio tradimento il primo; pentito, salvato, rilanciato il secondo.

Si tratta del problema formulato nel celebre brano evangelico di Nicodemo, che di notte va da Gesù, e a un certo punto gli domanda: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? » (Gv 3, 4). Si può rinascere?

Come si fa a cominciare da capo, a non soccombere sotto il peso del passato? Come riusciamo ad alzarci, ogni mattina, e a non restare schiacciati da tutto il male compiuto e subìto?

La risposta di Gesù a Nicodemo è lapidaria: «Dovete rinascere dall'alto» (Gv 3, 7). Vale a dire: da soli non ce la facciamo. Occorre qualcuno che ci risollevi. Serve un gesto di misericordia. Serve qualcuno che consideri il desiderio buono che Dio ci ha messo in cuore e si rivolga a quello, anziché tenere lo sguardo fisso sul male con cui l' abbiamo ricoperto, come, del resto, troppe volte facciamo tra noi, con figli, mariti e mogli: «Sei sempre il solito, fai sempre questo, non fai mai quell' altro...».

Ecco, la prima parola da tener presente, la chiave che regge tutta l'architettura del Purgatorio, è misericordia. Oppure perdono, che è lo stesso; ma misericordia contiene l' eco del «Miserere» del canto I dell' Inferno e della terzina finale dell' Inno alla Vergine nell' ultimo del Paradiso (XXXIII 19-21): «In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s' aduna quantunque in creatura è di bontate».

La misericordia è la chiave di volta del Purgatorio, perché la misericordia è l'esperienza che Dante fa, ben prima di pensare alla Commedia, nel rapporto con Beatrice. Ha scritto infatti nella Vita Nova: «Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza della mirabile salute nullo nemico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m' avesse offeso. E chi allora m'avesse dimandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente "Amore", con viso vestito d' umiltà». Non si potrebbe dir meglio. A un certo punto nella vita capita un fatto inatteso che genera una conseguenza straordinaria: «Mi facea perdonare a chiunque m' avesse offeso». E a chi mi chiedeva come fosse possibile, prosegue Dante, non sapevo rispondere, se non balbettando la parola «Amore». Non c' è una spiegazione razionale, una formula, una teoria: la misericordia è un fatto. Un fatto in cui uno si imbatte e che sembra umanamente impossibile, che supera ogni misura umana.

Vorrei sottolineare questa "impossibilità" della misericordia con un brano a me molto caro di don Luigi Giussani: la parola «misericordia » dovrebbe essere strappata dal vocabolario perché non esiste nel mondo degli uomini, non c' è niente di corrispondente a essa. La misericordia è all' origine del perdono, è il perdono affermato nella sua origine, che è infinita, è il perdono come mistero. La misericordia non è una parola umana. È identica a Mistero, è il Mistero da cui tutto proviene, da cui tutto è sostenuto, a cui tutto va a finire, in quanto già si comunica all' esperienza dell' uomo. [...] Il concetto di perdono, con una certa proporzione tra sbagli e castighi, è in qualche modo ancora concepibile dalla ragione: non invece questo perdono senza limite che è la misericordia.

L'essere perdonato emerge qui da qualcosa di assolutamente incomprensibile all' uomo, dal Mistero, cioè dalla misericordia. [...] Perché la vita di Dio è amore, caritas, gratuità assoluta, amore senza tornaconto, umanamente «senza motivi». Umanamente appare quasi come un' ingiustizia, o come una irrazionalità, proprio in quanto per noi non ci sono ragioni. Perché la misericordia è propria dell' Essere, del Mistero infinito. Non vorrei sembrasse un' esagerazione affermare che la misericordia è impossibile agli uomini.

Ma è talmente vero che lo dice anche la Bibbia. Così recita infatti ai versetti 11-12 il Salmo 85: «Misericordia e verità si incontreranno, / giustizia e pace si baceranno, / la verità germoglierà dalla terra, / la giustizia si affaccerà dal cielo». Misericordia e verità si incontreranno: è impossibile, perché per noi queste due parole sono alternative. Ogni genitore, ogni insegnante lo sa: quando cerchi di essere misericordioso ti tocca scendere a compromessi con la verità; quando vuoi affermare la verità non puoi essere buono.

Infatti da un lato ci sembra che per essere buoni dobbiamo essere meno chiari, meno decisi nell'affermazione della verità; dall'altro, quando proviamo a essere fedeli alla verità, diventiamo cattivi: non riusciamo più ad accogliere la diversità, fatichiamo ad accettare che l'altro abbia un modo suo proprio, differente dal nostro, di intendere la realtà, e ci arrocchiamo invece in difesa di quello che ci pare giusto.

Però le parole della Bibbia che abbiamo letto non indicano un'impossibilità, bensì un annuncio: «Misericordia e verità si incontreranno, / giustizia e pace si baceranno» è infatti la promessa che il testo sacro fa agli uomini. Il salmo indica questa impossibile conciliazione come avvenimento futuro, come contenuto della promessa di Dio al suo popolo. I cristiani affermano che questa promessa si è compiuta: Gesù Cristo è la realizzazione di ciò che altrimenti sarebbe impossibile. Dio in azione nella storia degli uomini si manifesta così: con la compagnia di Gesù, come misericordia; cioè come perdono. La differenza tra inferno e purgatorio è tutta qui. (Avvenire)

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