Biografie di San Francesco

Lettera enciclica di frate Elia, a tutte le province dell'Ordine, sulla morte di San Francesco

[305] All’amato in Cristo frate Gregorio, ministro dei frati che sono in Francia, e a tutti i fratelli suoi e nostri, frate Elia peccatore augura salute.

[306] Prima di incominciare a parlare, io sospiro, e ben a ragione. Il mio ruggito è come acque dilaganti, perché ciò che temevo è avvenuto a me, è avvenuto a voi, e quello che mi spaventava è accaduto a me ed è accaduto a voi: il nostro consolatore si è allontanato da noi, colui che ci portava sulle sue braccia come agnelli, se n’è andato via in una regione lontana. Amato da Dio e dagli uomini, è stato introdotto nelle dimore della luce: Lui, che ha insegnato la legge della vita e dell’obbedienza a Giacobbe, e ha trasmesso a Israele un testamento di pace.
Dobbiamo dunque rallegrarci grandemente per lui, ma dolerci per noi, perché dal momento della sua assenza, ci avvolgono le tenebre e ci copre l’ombra della morte. Una perdita per tutti, ma uno speciale pericolo per me, che egli ha lasciato nel mezzo delle tenebre, circondato da molte occupazioni e oppresso da innumerevoli flagelli. Perciò vi scongiuro: piangete con me, fratelli, perché anch’io sono in grande dolore e mi affliggo con voi: siamo rimasti orfani, senza padre, privati della luce dei nostri occhi.

[307] Veramente la presenza del fratello e padre nostro Francesco era vera luce, non solo per noi che gli stavamo vicini, ma anche per quelli che erano lontani da noi per professione di vita. Era infatti una luce mandata dalla vera luce, che illuminava quanti erano nelle tenebre e sedevano nell’ombra della morte, per dirigere i loro passi sulla via della pace. Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana: Colui che sorge dall’alto illuminava il suo cuore e accendeva la volontà di lui con il fuoco del suo amore: ed egli predicava il regno di Dio e convertiva il cuore dei padri verso i figli e gli stolti alla prudenza dei giusti e in tutto il mondo ha preparato un popolo nuovo per il Signore. Il suo nome fu divulgato fino alle isole lontane, e tutta la terra ha guardato con stupore le sue mirabili imprese.

[308] Perciò, figli e fratelli miei, non vogliate abbandonarvi a una tristezza eccessiva, perché Dio, padre degli orfani, ci conforterà con la sua santa consolazione. E se piangete, fratelli, piangete su voi stessi e non su di lui. Noi, infatti, nel bel mezzo della vita siamo nella morte, lui invece è passato dalla morte alla vita. Rallegratevi, perché prima di esserci rapito, come un secondo Giacobbe, ha benedetto tutti i suoi figli e a tutti ha perdonato le colpe, che possono essere state commesse o pensate da qualcuno di noi contro di lui.

[309] Detto questo, vi annuncio una grande gioia, un miracolo del tutto nuovo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è il Cristo Signore. Non molto tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Infatti, le mani e i piedi di lui recavano come delle trafitture di chiodi, inferte da entrambe le parti, che mantenevano delle cicatrici e mostravano il colore nerastro dei chiodi. Il suo fianco appariva colpito da una lancia, ed emetteva spesso gocce di sangue.


[310] Mentre il suo spirito viveva ancora nel corpo, non aveva apparenza, ma il suo volto era disprezzato e non era rimasto in lui membro che non fosse straziato. Per la contrazione dei nervi, le sue membra erano rigide, come sogliono essere quelle di un uomo morto; ma dopo la sua morte il suo aspetto divenne bellissimo, splendente di mirabile candore e consolante a vedersi. E le membra, che prima erano rigide, divennero assai morbide, pieghevoli qua e là nelle loro varie posizioni come quelle di un tenero fanciullo.

[311] Perciò, fratelli, benedite il Dio del cielo ed esaltatelo davanti a tutti, perché ha fatto scendere su di noi la sua misericordia. Custodite la memoria del padre e fratello nostro Francesco, a lode e gloria di Colui che lo ha reso grande tra gli uomini e lo ha glorificato tra gli angeli. Pregate per lui, come egli stesso ci ha chiesto prima [di morire], e pregate lui, perché Dio renda anche noi partecipi con lui della sua santa grazia. Amen.

[312] Il 4 ottobre, giorno del Signore, nella prima ora della notte precedente, il padre e fratello nostro Francesco è migrato a Cristo. E allora dico a voi, dunque, fratelli carissimi, ai quali perverrà questa lettera: seguendo le orme del popolo di Israele che ha pianto su Mosè e Aronne, suoi incliti condottieri, diamo sfogo alle lacrime, noi che siamo stati privati del conforto di così grande padre.

[313] E benché sia cosa pia condividere il gaudio di Francesco, è cosa pia anche piangere Francesco. È infatti sentimento di pietà godere con Francesco, perché egli non è morto, ma se n’è andato al mercato del cielo, portando con sé il sacchetto del denaro, per ritornare nel plenilunio. Ma è espressione di pietà anche piangere Francesco, perché colui che andava e veniva come Aronne, portando a noi dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, e consolandoci in ogni nostra tribolazione, fu tolto di mezzo a noi, ed ora possiamo dirci orfani, senza padre. Ma poiché sta scritto: A te si abbandona il povero, dell’orfano tu sei sostegno, voi tutti, fratelli carissimi, pregate con insistenza affinché, se la piccola brocca di creta è stata infranta nella valle dei figli di Adamo, tuttavia quel sommo Vasaio si degni di plasmarne un’altra, che sia meritevole d’onore e stia sopra la moltitudine del nostro popolo, e ci preceda alla battaglia, come vero Maccabeo.

[314] E poiché non è cosa superflua pregare per i defunti, pregate il Signore per la sua anima. Ogni sacerdote celebri tre messe, ogni chierico reciti il salterio, i laici dicano cinque Pater noster. I chierici celebrino in comune una solenne veglia. Amen. Frate Elia peccatore.