Perdono di Assisi

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Il Perdono di Assisi negli scritti francescani di Franco Cardini

La ricorrenza dell’ottavo centenario del “Perdono di Assisi” (1216-2016) è, sul piano della cronologia storica, alquanto contestata. Solo con il Liber Sacre Indulgentie di frate Francesco di Bartolo d’Assisi, che compì la sue ricerche fra il 1331 e il 1334 e organizzò i documenti, le narrazioni storiche e le notizie devozionali relative all’Indulgentia, noi disponiamo di un quadro completo; i due codici principali sono conservati ancora oggi nella Biblioteca del Sacro Convento di Assisi. Tuttavia, già in quegli anni, era ormai una tradizione consolidata ma oggetto di difficoltà e di discussioni. A testimoniarcelo è una famosa quaestio redatta tra 1279 e 1285 dal mistico e teologo provenzale Pietro di Giovanni Olivi, il quale c’informa di quanto incerti fossero gli indizi e i pareri a proposito del fatto che papa Onorio III avesse potuto concedere a Francesco d’Assisi un’indulgenza plenaria di quell’importanza e di quell’ampiezza: gesto davvero eccezionale in quell’inizio del Duecento, e non comprovato da alcuna lettera papale di concessione.

Alcuni decenni più tardi la situazione doveva essere mutata ma non risolta, dato che il Liber di Francesco di Bartolo, senza dubbio radatto nelle intenzioni di porre fine a dubbi e a polemiche, conobbe una precoce e vasta fortuna. Fu divulgato e volgarizzato, ed è appunto a un volgarizzamento in lingua occitana che noi dobbiamo la sua definizione come perdonanza. Ma già qualche anno prima del lavoro di Francesco di Bartolo, entro cioè il primo ventennio del XIV secolo, il cronista fabrianese Francesco Venimbeni indicava il 1216 come l’anno della concessione papale dell’Indulgenza. In tal modo si attribuiva a una delle prime decisioni di Onorio III una scelta rivoluzionaria, che non può non essere connessa non solo con le incipienti fortune della fraternitas promossa dal povero di Assisi, ma altresì con le soluzioni del IV concilio lateranense e con la stessa dinamica del movimento crociato: che non solo era come sappiamo l’oggetto dell’Indulgenza legata all’Iter Hierosolymitanum, ma che avrebbe anche di lì a poco interessato lo stesso frate Francesco con esiti sui quali ancora, e vivacemente, si discute (l’incontro con il sultano al-Malik al-Kamil e il testo del capitolo 16 della Regula non bullata).

Ma, al di là di un evento capitale nella storia delle indulgenze, lo studio sulla genesi del “Perdono” coinvolge il tema – ancora più affascinante e capitale – della Porziuncola, toponimo già segnalato a metà dell’XI secolo e corrispondente a una semplice capella dipendente dal monastero di San Benedetto del Subasio secondo una lettera di papa Innocenzo IV nel 1244, ma sede altresì di un luogo caro a Francesco e ai suoi primi seguaci e nel quale – secondo una data poi divenuta tradizionale – nel 1215 sarebbe stata consacrata la chiesetta di Santa Maria degli Angeli.

Dal Trecento in poi comunque, il pellegrinaggio al luogo sito alle falde del Subasio -- dove alla fine del secolo XVI sarebbe sorta poi la celebre, imponente basilica (la “cupola bella del Vignola” ammirata da Giosuè Carducci) -- divenne uno dei più noti d’Italia e della Cristianità occidentale: e parte di quella translatio Terrae Sanctae dalla Palestina di Gesù all’Umbria del serafico alter Christus, autentica planche tournante nel complesso rapporto tra crociata e pellegrinaggio.

Il resto è storia nota, ben documentata, ma tanto intensa e significativa quanto, qua e là, perfino divertente: come quando si tratti di esaminare le vicende complesse e colorite della “Festa del Perdono”, della relativa processione e del giro di proventi, profitti e interessi che animarono nei secoli la controversia per la gestione dei diritti e delle cerimonie tra i conventuali del Sacro Convento e i minori di anta Maria degli Angeli. Una controversia nella quale dovettero intervenire anche dei big della Chiesa come Roberto Bellarmino e Prospero Lambertini, futuro Benedetto XIV.

L’intera, complessa vicenda è stata oggi rievocata – potenza dei centenari, anche quando non sono cronologicamente certissimi!...- in una mostra che, a cura di uno specialista come Stefano Brufani e con la collaborazione di francescanisti illustri e di noti medievisti e mediolatinisti (tra cui da ricordare Grado G. Merlo, Luigi Pellegrini, Agostino Paravicini Bagliani e Antonio Placanica) si tiene S. Maria degli Angeli in Assisi, inaugurata il 2 luglio rimarrà aperta fino al 1° novembre. Un documentato Catalogo (Fondazione CISAM, Spoleto), destinato a rimanere come strumento di studio e di consultazione, e un’agile Guida utilissima soprattuto a scopo didattico sono a disposizione dei visitatori più attenti e degli studiosi. Nella nuova fase dei rapporti tra cultura, territorio e turismo, che nel nostro paese proprio in questi mesi si cerca di avviare, la mostra sul “Perdono di Assisi” assume un valore di proposta quasi esemplare. Sarebbe un modello da seguire, se ad esempio si volesse davvero proporre con cognizione di causa la Via Francigena come Camino de Santiago italiano. Non a caso proprio in Assisi sorge una cappella di san Giacomo, splendidamente affrescata, dedicata insieme a Giacomo e a Francesco (Oratorio dei pellegrini); mentre la vicina Perugia è sede dell’Associazione Compostellana d’Italia.