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Fortunato: In piazza l'economia dal volto umano

Enzo Fortunato Web
Pubblicato il 04-02-2021

La rinuncia a ciò che si possiede non è un gesto semplice da compiere

Tutto prende avvio da un sogno, come nella migliore tradizione letteraria. A sognare è Francesco, giovane impavido col desiderio di diventare cavaliere.

Cosa sogna? Un palazzo pieno di armi militari e con splendenti scudi crociati. Il messaggio è chiaro: partire al seguito del conte Gentile alla volta della Puglia, al fine di essere creato cavaliere; tutto secondo il classico copione dei giovani ricchi, e figli di mercanti, dell' epoca. In viaggio verso sud Francesco decide di fermarsi a Spoleto per una sosta. Un altro sonno, un altro sogno: una voce gli rende esplicito ciò che lui aveva male interpretato.

Niente cavalierato, niente Puglia, niente conte Gentile ma seguire il Signore anziché il servo. Tornare ad Assisi.

Lungo la via, a Foligno, il giovane Francesco compie uno dei primi gesti significativi della sua "nuova vita": vendette il cavallo che montava e le vesti ornate che aveva indossato per andare in Puglia, e si vestì più poveramente.

Il ricavato vorrebbe lasciarlo al povero sacerdote Pietro della chiesa di san Damiano che però rifiuta. Francesco decide che con quei soldi sistemerà quella chiesetta. Questo episodio della vita del Santo, che anticipa di poco la spogliazione ad Assisi, porta in primo piano aspetti che vale la pena prendere in considerazione.

Vendette il cavallo che montava e le vesti ornate. La rinuncia a ciò che si possiede non è un gesto semplice da compiere per noi che siamo abituati ad accumulare beni in maniera compulsiva.

E si vestì più poveramente. È la scelta della povertà che come sosteneva Goffredo Parise (Il rimedio è la povertà del 1974) è ideologia «politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua». Un modo di contrastare il consumismo nato dall' euforia del benessere.

Infine la decisione di donare il ricavato della vendita. Il dono che instaura un legame, in cui lo scambio di beni, scrive l' antropologo Marcel Mauss nel suo Saggio sul dono (1924), è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane o ponti con il divino. La rinuncia, la povertà, il dono sono le radici per far germogliare una nuova economia del dono, fondata sul valore d' uso degli oggetti e dei beni, sul reciproco scambio: un' economia non-monetaria, in alternativa a quella "di mercato", in cui tutto è regolato dal valore monetario, che sta portando l' umanità verso un vicolo cieco. (La Nazione)

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