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Rivoluzione digital, corsa ai nuovi mestieri

Luigi Dell'Olio Pixabay
Pubblicato il 12-11-2020

Il report "Future of Jobs" del World Economic Forum

L'automazione spazzerà via molti degli attuali lavori, ma offrirà anche nuove opportunità con un saldo destinato a risultare positivo. Questo non significa che è possibile star fermi con l'aspettativa di cavalcare il cambiamento; piuttosto è indispensabile agire sin da subito per formare nuove competenze, in grado di rispondere a un'offerta che tra qualche anno sarà molto diversa da oggi. È uno dei messaggi che emergono dal report "Future of Jobs" realizzato dal World Economic Forum, che sottolinea come vi sia - soprattutto tra le grandi aziende - una "fame" di nuove professionalità in grado di arricchire il capitale umano. Nella consapevolezza che nell'era in cui la digitalizzazione diventa pervasiva e più o meno alla portata di tutti, a fare davvero la differenza sono sempre più le persone. Secondo lo studio, la diffusione su larga scala di tecnologie capaci di svolgere mansioni oggi appannaggio solo dell'uomo comporterà entro il 2025 la perdita di 85 milioni di posti di lavoro. 

Al tempo stesso, però, le nuove tecnologie ne creeranno 97 milioni, per un saldo positivo di 12 milioni. Altri studi recenti confermano queste previsioni, aggiungendo che i posti di lavoro più a rischio a causa dell'evoluzione tecnologica sono quelli routinari delle aree amministrazione e vendita, mentre le nuove opportunità saranno legate soprattutto alla capacità di leggere e interpretare i dati e all'abilità nel fornire un valore aggiunto al lavoro delle macchine che, per quanto intelligenti, non potranno mai avere la sensibilità dell'uomo. Ci sono poi skills non di carattere tecnico che secondo il report del Wef saranno sempre più ricercate nei candidati. È il caso del pensiero critico, della capacità di analisi e del problem solving, così come sempre più saranno apprezzate la flessibilità, la resilienza e la tolleranza dello stress. Di positivo c'è che il 66% dei datori intervistati ritiene che l'aggiornamento delle competenze possa produrre un valore aggiunto per le rispettive aziende. Pubblicato a ottobre, il report tiene conto anche dell'impatto sociale ed economico della pandemia, almeno per quello che si è visto fino all'inizio dell'autunno. Secondo il World Economic Forum l'epidemia di Coronavirus ha dato una spinta ulteriore alla rivoluzione digitale, che già da tempo sta cambiando volto al mercato del lavoro. 

La recessione causata dall'emergenza sanitaria, segnala lo studio, ha prodotto una brusca frenata sul fronte delle assunzioni, ma se si guarda al medio periodo l'orientamento dei direttori risorse umane è di aumentare gli organici rispetto a oggi. I cambiamenti in atto sul fronte dell'offerta di lavoro sono tuttavia molto più rapidi rispetto all'aggiornamento dei programmi formativi ed è quindi necessario che su quest' ultimo fronte intervengano rapidamente gli attori pubblici e privati che se ne occupano. «Occorre facilitare la transizione dei lavoratori verso opportunità più sostenibili», scrive nella prefazione Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Wef. È una sfida di sistema: tutti devono essere messi nelle condizioni di compiere questa transizione, è il senso dello studio. In caso contrario, assisteremo a un ampliamento del gap di occupabilità e anche di stipendio tra chi ha accesso e chi si vede precluse queste possibilità. 

Viene posto l'accento su due priorità per creare il lavoro di domani: il reskilling, vale a dire la riqualificazione, e l'upskilling, cioè il miglioramento delle competenze rispetto a oggi. Sono due sfide per gli enti di formazione, ma anche per le aziende e per gli stessi lavoratori, compresi coloro che oggi occupano posizioni che appaiono solide. Rimettersi in gioco, tornare dietro i banchi anche solo in senso figurato vista l'ampia disponibilità di corsi via Internet, diventa dunque fondamentale per restare competitivi in un mercato in continuo cambiamento. (Repubblica)

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