cronaca

Graziano Pretto, il medico personale di Padre Pio

Gelsomino Del Guercio operapadrepio.it
Pubblicato il 07-11-2022

Le “confessioni” del dottore prima di morire

Il dottore Graziano Pretto, medico personale di Padre Pio, non è riuscito a superare il quinto tumore ed è morto a 86 anni. Le sue ceneri sono arrivate da San Giovanni Rotondo a Roveredo di Guà in provincia di Verona, suo paese d’origine, dove verranno tumulate.

14 OPERAZIONI
Il dottore Pretto era già stato colpito da quattro tumori, superati senza chemioterapie. L’ultimo, al rene, nel 2019 richiese cinque interventi chirurgici in un solo mese. «Ho una pessima salute di ferro», chiosava serafico. «Nel giro di pochi anni ho subìto 14 operazioni in anestesia generale. Mi sento bene. Merito di padre Pio». Era convinto che il santo lo avesse salvato più volte.

LA “NON” DEVOZIONE PER PADRE PIO
Per 37 anni fu primario alla Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale inaugurato dal frate nel 1956.
«Non è che in passato fossi devotissimo del santo, non mi piaceva il clima idolatrico creatosi intorno a lui», confessava al settimanale Oggi durante la sua ultima intervista. «Il giorno che spirò, partii per Verona, non partecipai neppure ai funerali per non vedere quelle scene di fanatismo popolare. È dopo, solo dopo, che ho capito. E oggi posso dire serenamente di sentirmi “telepioguidato”, anzi di esserlo stato in ogni istante della mia vita».

“CENTO MILLE DOPPIE PER UNA”
Una convinzione che era scaturito dopo «l’ultimo intervento chirurgico», quando «si era prodotta una fistola perirenale, dalla quale fuoriuscivano ogni giorno 150 centimetri cubici di urina. Disperato, sicuro di morire, chiesi alla suora di portarmi un santino di san Pio e gli dissi: senti, padre, tu mi ripetevi sempre “Dio ti renda cento mille doppie per una”, aiutami, ti prego!». «Significava: per un’azione buona, Dio te ne renda 100 mila doppie, cioè 200 mila. Fui scosso da un brivido. Alla sera, raccolsero solo 7 centimetri cubici di urina. In sei giorni la fistola sparì».

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LA BOTTA IN TESTA
Eppure il dottore Pretto “temeva”, almeno inizialmente Padre Pio. «Non mi sono mai confessato da padre Pio. Avevo paura - spiegava ad Oggi -. Solo una volta mi inginocchiai davanti a lui, confuso tra i fedeli. Accarezzava la testa a tutti. Giunto davanti a me, mi appioppò sul cranio un colpo violentissimo con le nocche della mano destra. Se ci ripenso, provo ancora dolore».

IL PRIMO INCONTRO
La prima volta che il dottore Pretto incontrò il santo di Pietrelcina non era solo. «Con me c’erano i professori Gastone Pesavento e Italo Serafini. Varcata la soglia del convento, ci accolse una fragranza di rose e viole. La sentimmo quella mattina e poi mai più. “Sarà stato il frate profumatore, compare di quello che con un chiodo gli procura le stimmate”, scherzammo blasfemi. Allora non sapevamo che avvertivi l’effluvio solo quando padre Pio ti pensava».

LO STESSO PROFUMO
Lo scoprirono quando «Mario Cammisa, agnostico, radiologo alla Casa Sollievo della Sofferenza, ci spiegò d’aver provato la stessa esperienza appena sceso dalla corriera che lo portò da Roma a San Giovanni Rotondo».

LA FASE FINALE DI PADRE PIO
Il medico seguì da vicino il frate nella fase calante della sua salute. «Padre Pio era afflitto da due patologie croniche, l’otite media e la bronchite, che lo avevano reso quasi sordo. Non udiva più la voce dei fedeli che andavano a confessarsi da lui. “Cheee? Cos’hai detto? Non capisco, parla più forte!”, si spazientiva. I penitenti erano costretti a ripetergli a voce alta i loro peccati, con notevole imbarazzo. Per due anni, fino alla sua morte, tutti i giorni alle 14 andavo da lui. Con la mano sinistra gli tenevo ferma la testa e con la destra gli infilavo un tubicino di ferro nelle narici, una per volta. Risalivo fino alle trombe di Eustachio, attivavo un compressore e insufflavo aria per far defluire in gola il catarro formatosi nelle orecchie».

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“E SPOSATI”
Padre Pio, nonostante gli acciacchi e le difficoltà fisiche, riusciva a dargli qualche consiglio spirituale.
«Finita ogni insufflazione, il cappuccino mi chiedeva: “Sei sposato?”. “No, padre”. E lui, con tono imperioso: “E sposati!”. Una, due, tre volte. Alla quinta pensai: è arteriosclerotico. Finché alla sesta richiesta, abbassò lo sguardo sul rosario che teneva in mano e bisbigliò rassegnato: “E sposati…”. Come se avesse visto che cosa sarebbe avvenuto nel mio futuro».

LA PROFEZIA DEL FRATE
Padre Pio fu profetico. «Qualche mese prima di partire per la Puglia, avevo conosciuto una bellissima ragazza dell’alta borghesia veronese. Aveva 9 anni meno di me. Il 13 aprile 1967 la sposai nella cripta della basilica di San Zeno a Verona. Concluso il pranzo nuziale nella locanda di Punta San Vigilio, sul Garda, partimmo per la luna di miele. Destinazione: San Giovanni Rotondo. Nove mesi dopo nacque Alessandra, che oggi lavora nella direzione generale della Casa Sollievo della Sofferenza. Seguirono altri cinque figli. Nel 2003 mia moglie cominciò a ricevere lettere d’amore da un antico spasimante. Fu onesta: me le lesse. Nel giro di due mesi, quel signore me la portò via».

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