francescanesimo

La Novena di Natale - La visita dei Magi

Padre Enzo Fortunato Archivio fotografico Sacro Convento
Pubblicato il 19-12-2020

Continuiamo il viaggio alla scoperta delle scene dell'infanzia di Gesù

Un singolo episodio può cambiare il corso della Storia e, a detta di alcuni, perfino dell'intero Universo. La visita dei Magi al Bambino Gesù è una delle immagini più familiari per ciascuno di noi, religiosi o laici. È davvero suggestiva l'affermazione di san Gregorio Nazianzeno, teologo e Dottore della Chiesa del quarto secolo d.C., secondo cui nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù sarebbe giunta la fine dell'astrologia. Infatti, per colui che fu il patriarca di Costantinopoli, dal momento dell'Adorazione dei Magi le stelle avrebbero cominciato a girare nell'orbita stabilita da Cristo. Mossi dalla conoscenza, spronati dalla curiosità, accompagnati dalla consapevolezza della fede, tre Sapienti hanno riconosciuto il Salvatore e sono arrivati da Oriente per rendere omaggio al “re dei Giudei”. Affianchiamoli nel percorso e scopriamo l'esito del loro lungo viaggio. Un viaggio che ci può aiutare anche nel rapporto tra credenti e non credenti. Perché l'incontro con l'altro porta a nuova conoscenza, ci porta a crescere, ad aprirci, a maturare, a continuare a interrogarci su noi stessi, sul mondo e sulla Vita. Penso a una  frase del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, dal suo Tractatus logicologico- philosophicus: «Ho voluto indagare i contorni di un'isola; ma ciò che ho scoperto sono i confini dell'Oceano».

Un filo tra le civiltà, quella antica e quella medievale, che ad Assisi era già stato tessuto grazie a frate Francesco. L'episodio dei re magi ha tanti elementi di contatto con l'esperienza francescana. Francesco, come i re che venivano da Oriente, si inchina davanti al Padre; Francesco, come i re viaggiatori, percorre le vie del mondo in missione, perché mosso dalla fede; Francesco, come i re magi, riconosce in Gesù la speranza e la salvezza. «Uno stuolo di cammelli ti invaderà, / dromedari di Madian e di Efa, / tutti verranno da Saba, / portando oro e incenso / e proclamando le glorie del Signore». Riecheggia nelle scene dell'adorazione il passaggio biblico del profeta Isaia. C'è da chiedersi chi siano i magi, questi pagani, questi viandanti, questi re, la cui ricerca trova compimento davanti a Gesù, ai piedi del Cristo, che riconoscono come Salvatore. Se l'è chiesto anche lo scrittore Michel Tournier, il quale nel romanzo Gaspare, Melchiorre e Baldassarre (Garzanti, Milano, 1984) ha risposto in maniera senz'altro originale, con le storie di Gaspare di Meroa, il re innamorato, Baldassarre di Nippur, l'artista, e del principe spodestato Melchiorre di Palmirena. A questi tre, Tournier aggiunge anche un quarto personaggio, Taor di Mangalore, il principe bambino, andando a rispolverare la tradizione o meglio la leggenda che vuole la presenza anche di un quarto re. In effetti, i Vangeli non specificano il numero dei magi venuti a omaggiare Gesù Bambino. 

La tradizione antica – la stessa che volle che i viaggiatori fossero dei “re” e che li ha resi uno nero, uno bianco e uno giallo – ha stabilito che fossero tre, associando il numero dei magi al numero dei doni che questi portavano: oro, incenso e mirra. Questo ci porta alla domanda successiva, e cioè che cosa stiano a significare gli omaggi che vengono elargiti a Cristo neonato e a sua mamma. Tre elementi che riverberano tre distinti aspetti del mistero cristiano: l'oro per la regalità di Gesù, l'incenso per la sua divinità, l'essere Figlio di Dio, la mirra sarebbe un richiamo al mistero della Passione. La ritroviamo infatti dopo la morte di Gesù, nell'episodio raccontato dall'evangelista Giovanni, che vede Giuseppe di Arimatea andare a prendere il corpo morto di Cristo: «Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura». La regalità di Cristo viene così omaggiata tanto alla nascita, quanto alla morte. L'adorazione dei Magi preannuncia il mistero della Croce.

 

Chi erano i Magi? Il termine “magi” (mágoí) ha un ventaglio di possibili significati e sfumature: sacerdoti, detentori di un sapere e di un potere soprannaturale, stregoni, fino a identificare imbroglioni e seduttori. Per i Magi in Matteo vale il primo significato: «Anche se non appartenevano esattamente al ceto sacerdotale persiano, erano tuttavia portatori di una conoscenza religiosa e filosofica, che si era sviluppata ed era anche presente in quegli ambienti». Di certo, ciò che muoveva il loro passo era un'inquietudine, uno stimolo, una ricerca interiore, una speranza, una fede. Al contrario dei sacerdoti e degli scribi del popolo a cui si rivolge Erode, i quali individuano sì il luogo di nascita di Gesù in Betlemme, ma che scelgono di non mettersi in cammino, i Magi, non solo hanno riconosciuto nella stella il segno dell'arrivo del Salvatore, ma decidono di partire in viaggio. «Essi rappresentano il cammino delle religioni verso Cristo, come anche l'autosuperamento della scienza in vista di Lui. Si trovano in qualche modo al seguito di Abramo, che alla chiamata di Dio parte. In un modo diverso si trovano al seguito di Socrate e del suo interrogarsi, al di là della religione ufficiale, circa la verità più grande. In tale senso, questi uomini sono dei predecessori, dei precursori, dei ricercatori della verità, che riguardano tutti i tempi».

I Magi scelgono di andare incontro al Cristo. Mettersi in cammino è quello che ci chiede Gesù ed è quanto viene fatto da Francesco. Il Santo di Assisi percorre le vie del mondo con un messaggio di fede. Un messaggio che è pace, un messaggio che è ricerca del dialogo: è questo il senso del viaggio che porta Francesco a Damietta, fino all'incontro con il sultano d'Egitto. Mi piace vedere nell'Adorazione dei Magi il viaggio di andata di questo incontro tra fedi diverse, un omaggio a ciò che ci è distante, ma che ci muove dentro. Francesco completa il percorso, procedendo da Occidente verso Oriente. Quando riconosciamo che qualcuno è degno della nostra attenzione, che una missione necessita del nostro tempo, della nostra fatica e del nostro impegno, occorre alzarci, metterci in cammino, procedere. L'omaggio sarà nient'altro che il dono più bello e vero che possiamo permetterci: inchinarci, prostrarci, tendere una mano e rendere grazie. L'incontro con l'altro porta sempre a un arricchimento. Non serve un atteggiamento spavaldo, neanche verso i “saraceni e altri infedeli”. È lo stesso Francesco, nella Regola non bollata, a suggerirci tre atteggiamenti: andare incontro all'altro per divina ispirazione, non essere litigiosi – “prudenti come serpenti e semplici come colombe” – e, infine, andarci quando vedranno che piace al Signore, quando sarà opportuno. 

Nell'Adorazione vediamo tutta l'inclusività delle persone aperte e disposte a riconoscere il meglio nel prossimo, che sia il proprio vicino di casa o che sia lo straniero che viene da lontano. Anche in questo scorgiamo un aspetto intrinsecamente francescano. Il viaggio, la conoscenza e l'apertura verso il diverso ci rende migliori. Siamo migliori quando il nostro sguardo si poggia sull’altro, senza ombra di giudizio. Siamo migliori quando il nostro cuore valorizza l'altro, senza disprezzarlo. C’è un episodio importante, tratto dalla fonte francescana Specchio di Perfezione, in cui san Francesco descrive quello che per lui sarebbe il frate perfetto. Francesco non elenca una serie di virtù ideali, ma indica le caratteristiche migliori di ciascuno dei suoi compagni. Prende il meglio di ognuno dei frati che lo hanno accompagnato nella sua vita e, tirando le somme, descrive così un buon frate minore, come somma vivente dei caratteri di una medesima vocazione: la fede di Bernardo, la purità di Leone, la cortesia di Angelo, il bell'aspetto e il buon senso di Masseo, la mente elevata di Egidio e via dicendo... L'approccio di Francesco è quello della valorizzazione del prossimo, un atteggiamento di accoglienza e inclusione dell'altro, per ricavare il meglio da ciascuno di noi, anche dal più distante da noi. Frate Francesco si inginocchia idealmente di fronte ai suoi compagni, per riconoscerne, celebrarne, adorarne ed esaltarne le qualità migliori. Impariamo a riconoscere la stella della divinità, a scovare il meglio in chi ci sta intorno, impariamo ad andare incontro all'altro, al diverso, impariamo ad inchinarci e ad abbracciare la diversità. Un augurio valido per tutti. Che sia un buon cammino. (Dal libro Il Natale di Maria, di padre Enzo Fortunato)

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