religione

Il teologo Massimiliano Kolbe

Antonio Tarallo
Pubblicato il 13-08-2021

Non solo il martire di Auschwitz 

Il più delle volte, quando si pensa alla figura di San Massimiliano Kolbe, naturalmente viene in mente il suo martirio: la sostituzione nella camera a gas con il padre di famiglia, Francesco Gajowniczek, ad Auschwitz, in quel famoso 14 agosto di ottanta anni fa. Eppure San Massimiliano non è stato solo un martire, come non è stato solo il fondatore della Milizia dell’Immacolata, la nota “associazione di frati” nata a Roma nel 1917.
La sua vita, ricca di tanti frutti come la fondazione della città di Niepokalanów in Polonia, o come la sua missione in Giappone, è stata soprattutto una continua ascesi verso Dio. E questa ascesi, questa sua intransigente - ma al contempo umana - spiritualità lo ha portato a scrivere parole di alta teologia. Questa sua ascesi, questo suo addentrarsi nelle “cose del Cielo”, attraverso l’immancabile figura della Vergine Maria, poche volte ha trovato spazio opportuno nell’affascinante storia di Massimiliano Kolbe. Eppure, leggendo i suoi scritti, ci si rende conto bene di come la sua biografia, tutta immersa nella preghiera e nell’azione, sia stata una testimonianza di come l’impronta di Dio possa fissarsi in ognuno di noi.

E’ interessante, ad esempio, leggere cosa scriveva Kolbe - lui, santo - sulla santità, tema che seppur potrebbe sembrare alquanto distante, rimane quanto mai attuale, sempre indice di ricerca:

La santità è l'imitazione di Gesù. L'uomo desidera divenire sempre più grande, sempre più santo, sempre più perfetto, desidera divenire in certo qual modo Dio. Ciò gli è difficile, ma nella persona di Gesù Cristo, Uomo-Dio, ha l'esempio più perfetto. I santi, per divenire tali, non hanno fatto altro che riprodurre in sé i lineamenti di Cristo, l'Uomo-Dio; quanto più un uomo lo ricopia tanto più diviene perfetto, santo. L'imitazione di Gesù è il nostro scopo”.

Così si esprimerà il frate polacco in una conferenza del 28 settembre 1933.
Qual è, dunque, l’essenza della santità? Lo spiegherà bene in un’altra conferenza datata, 2 marzo 1938:

Conformare tutta la nostra volontà alla volontà di Dio. L'anima che si è proposta come fine di conformare la propria volontà con la volontà di Dio, si sente indicibilmente felice. Vi è in lei pace e serenità, possiede un fondamento incrollabile: Iddio. Nessuna cosa è in grado di turbarla. Si approfondisce sempre più in questa pace e in questa felicità”.

Ma San Massimiliano non si limita a definire cosa sia la santità. Cercherà anche di dare consigli sul come poterla raggiungere. In questo discorso, allora, non è difficile poter paragonare il santo francescano a un vero e proprio dottore della Chiesa. L’accostamento - è vero - potrebbe sembrare pure azzardato, ma le parole che usa, i concetti da lui espressi, rendono questo paragone meno audace di come potrebbe sembrare:

Non perdiamo la pace se il sentimento si raffredda. Qui si tratta di volontà e soltanto di volontà. Anzi quanto più la natura si ribellerà, tanto maggiori saranno i meriti che ne raccoglieremo. / L'essenza dell'amore di Dio sarà sempre non il provare la dolcezza, non il ricordare, non il pensare, l'immaginare, ma esclusivamente l'adempiere la volontà di Dio in ogni istante della vita ed il sottomettersi completamente a tale volontà. / Ora il rilassamento morale dipende dall'indebolimento della volontà. E allora si chiede: “chi è capace di irrobustire la debole volontà umana, se non Colei che è l'Immacolata fin dal primo istante della propria esistenza, la madre della grazia divina?

E’ la volontà del “Fiat” di Maria. E’ la volontà di aderire al disegno del Padre, senza mezzi termini. In questi pensieri di Kolbe non poteva mancare il riferimento alla Madre di Gesù, alla Vergine che tanto ha agito nella vita di San Massimiliano Kolbe: alla fine, sembra - davvero - ricondursi sempre tutto a lei. Viva nel pensiero e nell’azione kolbiana, la spiritualità mariana che diverrà il simbolo “storico” della sua missione apostolica.

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