religione

Santa Caterina patrona d’Europa e Italia tra politica e spiritualità

Antonio Tarallo Pixabay
Pubblicato il 29-04-2020

Caterina si dedicò agli ultimi, agli esclusi

In questo periodo così particolare, si sente parlare tanto di Europa. Del suo ruolo politico ed economico per l’emergenza (ma, forse, soprattutto per il post-emergenza) corona virus. E, sicuramente, sarà questo, per l’intera Unità Europea, un bel banco di prova, non c’è che dire: capiremo, nel concreto, quanto gli ideali che ispirarono i fondatori siano ancora presenti negli stati membri della bandiera europea.

Una domanda, in tutto questo delicato panorama economico-politico, potrebbe - quasi - sorgere spontanea: chissà quale proposta politica potrebbe proporre Santa Caterina da Siena ai diversi capi europei? Sì, avete letto bene, proprio Santa Caterina da Siena: e il suo nome non è coinvolto “a caso”, sia ben chiaro. Il motivo? Non è certamente “fuori luogo” il menzionare il suo nominativo, perchè oltre - ovviamente - alla sua importanza “spirituale” per la Chiesa, è necessario ricordare che Santa Caterina influenzò non poco la politica europea della sua epoca. Cerchiamo, allora, di conoscere meglio questo monumento della Storia della Chiesa.

Piccola premessa che ci fa comprendere l’importanza del suo ruolo non solo per la Chiesa, ma per l’intera società civile: Santa Caterina da Siena è Patrona d'Italia insieme a San Francesco d'Assisi (nominata nel 1939 da papa Pio XII) e Patrona d'Europa insieme a Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce (nominata nel 1999 da papa Giovanni Paolo II ). Inoltre è stata la prima donna, assieme a Santa Teresa d'Avila, ad aver avuto il titolo di Dottore della Chiesa Universale (nel 1970 da Paolo VI), che la Chiesa ha finora attribuito a sole 33 persone come riconoscimento alle loro riflessioni teologiche.

LA VITA
Caterina nasce a Siena nel popolare rione di Fontebranda nel cuore della contrada dell'Oca il 25 marzo 1347. E' la ventitreesima figlia del tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piagenti. La gemella Giovanna morirà poco tempo dopo la nascita. Il suo carisma mistico si palesa fin dalla giovane età, tanto che a soli sei anni, Caterina, ha la sua prima visione: sospeso in aria, sopra il tetto della basilica di San Domenico, il Signore Gesù è seduto su di un bellissimo trono, vestito con abiti pontificali insieme ai santi Pietro, Paolo e Giovanni.

Era ben chiaro, per Caterina, il suo cammino, la sua vocazione: aspira all’ordine dei frati domenicani. Ma prima di realizzare la sua aspirazione fu necessario combattere contro le forti reticenze dei genitori che la volevano coniugare. Caterina aveva solo 12 anni, eppure reagì con forza: si tagliò i capelli, si coprì il capo con un velo e si chiuse in casa. Il suo carattere “di guerriera” era già plasmato. A far cambiare idea ai genitori ci fu, poi, un episodio straordinario: mentre Caterina era in preghiera, il padre vide una colomba aleggiare sul capo della figlia. Fu così che - nel 1363 - la giovane vestì l’abito delle “mantellate”, chiamato così dal mantello nero sull'abito bianco dei Domenicani. Fu, certamente, una scelta anomala quella del terz’ordine laicale, al quale aderivano soprattutto donne mature o vedove, che continuavano a vivere nel mondo, ma con l’emissione dei voti di obbedienza, povertà e castità.

In quegli anni, la giovanissima Caterina, sviluppò le sue doti intellettive, formandosi una solida cultura nei testi spirituali, grazie anche al contatto con numerosi religiosi, provenienti dagli svariati ordini: padri domenicani, francescani, agostiniani, gesuiti. Una cultura a 360 gradi, potremmo dire. Assieme a questo approfondimento culturale, Caterina cominciò a dedicarsi agli ultimi, agli esclusi: fu attiva soprattutto presso l'ospedale di Santa Maria della Scala, a Siena.

Questa istituzione accoglieva, tra i vari pazienti, molti malati che nessuno assisteva: o perché non avevano parenti, o perché erano afflitti da malattie contagiose. Caterina si dedicò ad assistere in particolare quest'ultimo tipo di ammalati. Questa sua attività durò per mesi, specialmente in tempo di epidemie, allora molto frequenti e il suo esempio cominciò a essere imitato da altre Mantellate della sua fraternità. La santità cresceva, si alimentava tra libri e opere di bene.

Le lettere di Santa Caterina, e il buon governo Caterina da Siena iniziò una intensa attività di corrispondenza. Scrisse circa 300 lettere, avvalendosi dell’aiuto dei membri della cosiddetta “Bella brigata”, un gruppo di uomini e donne che la seguivano, la sorvegliavano nelle sue lunghe estasi, l'aiutavano nelle sue attività caritative. Una sorta di collaboratori della santa, potremmo dire.

Questo ricco epistolario affrontava problemi e temi sia di vita religiosa che di vita sociale di ogni classe, e anche problemi morali e politici che interessavano tutta la Chiesa, l'impero, i regni e gli Stati dell'Europa trecentesca. In queste lettere possiamo trovare, oltre a uno spaccato della storia politica del Trecento, anche una sorta di “vademecum” per un sviluppare un “buon governo”, per la classe politica. Il “Principe ideale” di Santa Caterina - per usare un’immagine parallela al “Principe” del Machiavelli - non è colui che sa mantenere il potere, ma chi sa essere grande dinanzi a Dio nella perfezione morale.

Caterina fa coincidere il benessere dei popoli, il benessere sociale, con la grandezza morale e cristiana di chi governa. Celebre la sua frase: “Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia”. La grandezza dell’uomo politico, per Caterina, si basa sempre sull’umiltà. La figura ideale del cristiano che esercita il potere politico, è da trovarsi nell’uomo che conosce cosa voglia dire la parola “carità”: soltanto così si può compiere ogni giustizia. Solo da questa, possono nascere le buone opere: per Caterina, infatti, l’uomo politico “deve servire con grande diligenzia il prossimo suo”.

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