societa

La maledizione del pipistrello, Dante, Joyce, Giotto...

Mario Baudino Archivio Fotografico Basilica San Francesco
Pubblicato il 11-05-2020

Stormi di questi bizzarri mammiferi volanti sono cacciati da san Francesco

La prima citazione del pipistrello nella cultura occidentale è considerata generalmente quella dell'Odissea, canto XXIV: le anime dei trapassati che vanno «stridendo» per «putridi sentieri» sono paragonate alle colonie degli (allora) innocenti animaletti che «svolazzano stridendo in un antro immenso». Innocenti sì, ma già legati all' idea della morte e dell'Ade, la loro caratteristica fondamentale sia nell' arte sia nell' immaginario occidentale, che sembrano identificarli all' unanimità come brutte bestiacce del malaugurio.

Prima osservazione: il fatto che (forse passando attraverso il pangolino, forse a causa di azzardati esperimenti nel laboratorio di Wuhan, come sostiene apertamente un Trump) ci abbiano apparecchiato, contagiando l' uomo, questo angoscioso coronavirus, rafforza lo stigma.

Seconda osservazione: il governatore del Veneto, cui non si possono negare molti meriti nell' organizzare la risposta alla pandemia, non ha fatto poi quella terribile gaffe lasciandosi sfuggire che secondo lui i cinesi mangiano «pipistrelli vivi» mentre i veneti no, nemmeno morti, e questa sarebbe una differenza culturale con grandi implicazioni pratiche.

Si è poi visto che non era così, ma pazienza. Luca Zaia ha dato voce a una convinzione radicata e a un istintivo disgusto, potremmo azzardare addirittura a un archetipo. Perché i contadini veneti, e non solo loro, hanno nei secoli fatto del piccolo mammifero volatile un uso apotropaico e in armonia con una tradizione antichissima: lo esibivano infatti (vivo o morto questo dipendeva dal caso) alle porte delle stalle, per tener lontano il malocchio. Il rituale è antico almeno quanto i romani; ne parla Plinio nelle Storie naturali specificando che era abitudine portare la bestiola per tre giri della casa, e poi inchiodarla a testa in giù sugli scuri della finestra: ed è durato a lungo, fino in tempi recenti.

Nell'Ulisse (sempre lì torniamo) James Joyce, cui evidentemente la pratica era ben nota, fa celebrare a un suo personaggio il Cristo «inchiodato come pipistrello alla porta di un granaio».

In una celebre incisione di Dürer, Melencolia I, a lungo studiata come emblema del Rinascimento, per esempio in una memorabile opera di Fritz Saxl e Erwin Panovsky, proprio un pipistrello regge il cartiglio col titolo dell' opera, in alto a sinistra, presso quello che Gerard de Nerval, molto tempo dopo, definirà in un sonetto il sole nero della melanconia. Secondo i due studiosi siamo di fonte all' icona della frustrazione del genio artistico davanti al limite delle sue possibilità. E tutto sommato verrebbe da pensare che Dürer abbia qualcosa da dirci proprio oggi, a noi frustrati dall' epidemia e incerti davanti alle opinioni discordanti degli scienziati.

Che il pipistrello sia associato alla malinconia è quasi ovvio: vive in luoghi oscuri, popola le rovine o le caverne, emerge solo all' imbrunire (al vespero, infatti il suo nome latino è vespertilius). Ma questa è un' interpretazione molto raffinata, da umanisti. Prevale quella medievale e diabolica, che arriva fino a noi, in groppa ai millenni. Solo Batman non viene colpito da interdetto - dal disegno però non ci capisce bene che sia un uomo-pipistrello, e nessuno bada al significato del suo nome - ma l' orribile Dracula, quando decide di svolazzare, è in questo animale che si trasforma, riallacciandosi a una tradizione più antica che lo accosta ai vampiri, e nel '700 divenne soprattutto in Europa centrale una follia collettiva, un' isteria di massa.

Non era la prima volta. La storia dell'arte ce lo ha proposto nelle salse più luciferine e spaventose. I diavoli, nell' ambito dell' iconografia sacra e nelle sue multiformi incarnazioni, hanno ali o artigli o muso di pipistrello, oltre al colore nero che, lo spiega bene Michel Pastoureau nel suo studio a esso dedicato, connota il seguito diabolico.

Stormi di questi bizzarri mammiferi volanti sono cacciati da san Francesco, nell'affresco della Basilica superiore di Assisi attribuito a Giotto, quando libera Arezzo da Satana (siamo alla fine del '200). Nella cappella degli Scrovegni, a Padova, il maestro li ritrae mentre escono dalle bocche dei peccatori moribondi e vanno ad affollarsi sulla bilancia delle colpe.

Nella Commedia Dante descrive Lucifero dotato di ali che «non avevan penne, ma di pipistrello / era lor modo, e quelle svolazzava». Nei fiamminghi abbondano piccoli pipistrelli variamente combinati con fattezze demoniache. Nella Caduta degli angeli ribelli Tiepolo mette loro ali inequivocabili. E già Leonardo ne aveva commentato le abitudini sessuali nel suo Bestiario, notando come «il palpistrello, per la sua isfrenata lussuria, non osserva alcun universale modo di lussuria, anzi maschio con maschio, femmina con femmina, sì come a caso si trovino insieme usano il lor coito».

Val la pena di sottolineare il meraviglioso termine anch' esso arcaico che usa il genio rinascimentale, invece del più diffuso «vipistrello» presente negli autori classici ma anche poniamo, in Tommaso Landolfi o Giorgio Manganelli. Ha qualcosa di gentile, sembra meno pericoloso, forse persino amabile, proprio come accade al topastro volante nella cultura cinese e persino in quella maya, dove esisteva all' uopo un dio specifico. Se poi il popolo delle foreste, misteriosamente estinto forse per una epidemia, debba magari a lui la sua sparizione, ebbene, di questi tempi è una sinistra suggestione, ma speriamo di no: anche se Baudelaire in una delle sue poesie più famose, Spleen, accosta proprio la Speranza a un «timido pipistrello» che «sbatte le ali contro i muri e batte con la testa / nel soffitto marcito».

Pensare che l' insidioso animaletto era riuscito nella nostra contemporaneità virtuosa a diventare un beniamino del ritorno alla natura, con tanto di casette appese nei giardini di casa per convincerlo a vivere assieme a noi (e a divorare le zanzare, questo lo sapeva anche Plinio). Nel tempo della pandemia questa sua recente immagine semidomestica rischia grosso. Potrebbe non resistere ed essere estromessa: dai nani da giardino. (La Stampa)

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